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lunedì 10 novembre 2008

ADDIO MIRIAM MAKEBA, PER SAVIANO L'ULTIMA CANZONE

Si è sentita male dopo aver salutato il suo pubblico al concerto conclusivo degli Stati Generali della Scuola di Castel Volturno, Miriam Makeba. Nella serata che voleva rendere omaggio anche a quei ragazzi africani caduti sotto i colpi della camorra nell’ultimo anniversario di San Gennaro, sopra un palco a Baia Verde, a pochi metri da dove fu ucciso l’imprenditore Domenico Noviello che si era opposto al racket. Sopra un palco cui qualcuno ha avuto anche l’ardire di chiedere il "pizzo" per l’allestimento. Miriam Makeba, Mama Africa, non si è risparmiata neanche in questa occasione. Aveva la febbre da qualche giorno, ma ha cantato a piedi scalzi. È crollata al suolo subito dopo la fine dell’esibizione ed è stata trasportata in ambulanza alla clinica di Pinetamare. I simboli sanno scegliersi le proprie battaglie. E Miriam Makeba, la donna che con la musica della sua voce e con la forza delle proprie idee ha combattuto l’apartheid nel proprio Paese, quella che ieri pomeriggio avanzava su una sedia a rotelle nel viale d’ingresso del centro Fernandes a Castel Volturno, è uno di quei simboli. È arrivata sulla Domiziana per una data "speciale", fuori dal suo tour europeo, spinta dall’idea che razzismo e camorra si possano combattere restando tutti uniti. Lo ha detto anche qui, in una sala intitolata a Giovanni Paolo II, davanti a tante famiglie africane con tanti bambini italiani d’Africa: «Non bisogna camminare da soli, bisogna camminare insieme». Quando è arrivata l’hanno circondata con gioia in questo presidio della Caritas figlio della diocesi di Capua. Alcuni avevano vecchi quadernoni per l’autografo. Altri cellulari e macchine fotografiche per immortalare l’evento. Come ricorda Jean Renè Bilongo, uno degli operatori del centro: «Prima di lei sono venuti a trovarci Enzo Avitabile, Livia Turco e Paolo Ferrero». Personalità importanti, ma certo non sono un pezzo della storia dell’Africa e del mondo come questa donna minuta a cui è appena scappata una lacrima coperta dagli occhiali da sole Dolce e Gabbana. In questi giorni ha parlato anche di Roberto Saviano: "E’ un giovane scrittore coraggioso ma, come succede in ogni grande causa in ogni parte del mondo, chi parla rischia di essere zittito con la forza". Ecco perché bisogna reagire: «La musica ha un grande ruolo in tutto ciò, un enorme valore. Così come la scuola, è giusto parlare ai bambini, raccontargli di valori universali affrontando le questioni del Paese in cui vivono». Miriam Makeba la musica l’ha sempre usata. All’una del pomeriggio, quella voce ha fatto felice la comunità africana di Castel Volturno invadendo la stanza al piano terra del centro Fernandes con un "My wonderful mama" che ha reso lucidi gli occhi degli africani presenti e sorridenti le loro bocche. E’ stata una scena di grande intensità che è culminata in un applauso in piedi. Mentre ancora battevano le mani, Mamma Africa ha iniziato una canzone più veloce, accompagnata dal battito ritmato delle mani di tutti. Poi ha abbracciato bimbi, parlato con tutti, si è messa in posa per le fotografie. Anche Idris Sanneh, volto noto della tv italiana tra i presentatori del concerto serale, si è fermato per farle una foto con il cellulare. Renato Natale, presidente dell’associazione Jerry Maslo, le si è fatto vicino e le ha raccontato la storia di quel sudafricano come lei, ammazzato vent’anni fa a Villa Literno e dell’associazione che nel suo nome porta avanti la propria battaglia contro il razzismo. Lei lo ha guardato e gli ha detto: "Thank You". E lui, di solito burbero: «Ma grazie a te». Probabilmente ha ragione Antonio Casale, direttore del Centro Fernandes, quando, nel presentarla, ha detto che in queste terre c’è bisogno di una "mamma" come lei. Di un sentimento "materno" che metta pace tra le persone. Qui la pace non c’è. E non è colpa dei soldati appostati sulla Domiziana mitra in mano. Eppure all’interno del centro Fernandes, ieri pomeriggio, la "mama" il suo miracolo l’aveva fatto. A notte fonda in tanti aspettano che esca dalla clinica a Pineta Mare, con gli occhi ancora una volta lucidi. Per lo spavento, prima. Per il dolore, poi. Vorrebbero ancora camminare tutti assieme. (da L'Unità)