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mercoledì 15 aprile 2009

NOI NON MORIREMO DI PRUDENZA

Ieri una delegazione di giovani democratici (Paola Daina, Marco Fazzi, Diego Zedde, Marco Vallari) guidata dal segretario provinciale Luigi Vezzosi ed il candidato sindaco del Pd Claudio Silla, ha incontrato a Bozzolo (Mn) il Segretario Nazionale Dario Franceschini, in occasione delle celebrazioni per il 50° anniversario della morte di don Primo Mazzolari. Fra i presenti anche Pierluigi Castagnetti, Roberto Colaninno, Maurizio Martina, Silvia Gadda, Mauro Fanti, Luciano Pizzetti, Giuseppe Torchio. Scrive il quotidiano democratico "Europa": "Correvano domenica i cinquant’anni della morte di don Primo Mazzolari, sarcedote non conformista attraversato dal fuoco del radicalismo evangelico che più di una volta la chiesa censurò, prima che Giovanni XXIII lo riabilitasse ricevendolo in Vaticano. Di lui Paolo VI ebbe modo di dire: «Aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti». Fu antifascista, partigiano e resistente. Sostenitore del dialogo e dell’interlocuzione come metodo, fu un duro critico del comunismo ma attento alle istanze di uguaglianza sociale che animavano chi si diceva comunista («combatto il comunismo, amo i comunisti», era solito dire). Morì il 12 aprile 1959. Per ricordarlo, su invito dei giovani del Pd cremonese e mantovano, Dario Franceschini ieri da Mantova ha preso un treno (regionale) per Bozzolo, dove Don Primo esercitò il sacerdozio e da dove scriveva i suoi libri, e gli articoli per Adesso, la rivista di cui fu fondatore e dalle cui pagine scrisse contro la povertà, le ingiustizie sociali, per il rinnovamento della chiesa molto prima del Concilio. Figura di rilievo nel pantheon cattolico democratico che piace anche a sinistra per la pervasiva e cocciuta insistenza sulla difesa degli ultimi e dei poveri. Nella piazza del comune, dove ha parlato dopo aver visitato la sua parocchia e la fondazione dedicata alla sua memoria, Franceschini lo ha definito «uno dei padri del Pd». «Siamo chiamati tutti ad attraversare un tempo di grandi scelte – ha sottolineato – Dobbiamo ricostruire i valori e combattere la rassegnazione. Per questo si sono incontrati laici e cattolici e questa è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri padri. Noi non moriremo di prudenza». Non moriremo di prudenza, scrisse Don Primo in uno dei suoi editoriali su Adesso. «Il Partito democratico deve sopravvivere a noi – ha detto il segretario del Pd – e questo può essere possibile solo se recuperiamo quei valori alla base delle nostre culture». Lo scontro con il centrodestra rischia di essere perdente quando ruota attorno agli interessi, ma nel recupero dei valori «possiamo vincere». Don Mazzolari «è sempre stato dalla parte dei poveri, degli umili, degli indifesi e dei più deboli, e credo che con la crisi economica che incombe la sua sia una grande lezione ». Perché il tema centrale «non è tanto quello della libertà di, ma quello della libertà da: dalla miseria, dalla fame, dalla povertà. Bisogna ritrovare il coraggio di tornare a usare la parola “povertà”, di denunciare che i poveri esistono e che non è accettabile né che ci siano, né che finiscano in nuove forme di povertà sui cui il sistema dell’informazione tace e di cui i politici non parlano». Per Franceschini «dalla crisi si può uscire in due modi: o arrangiandosi con il rischio di mettere l’una contro l’altra le diverse forme di povertà, oppure riscoprendo i valori di solidarietà ». Come ora, con l’Abruzzo. Ma c’è un altro insegnamento di Don Primo che il leader Pd ha voluto ricordare: «L’invito a sconfiggere la tentazione di chiamarsi fuori». L’impegno politico e sociale come antidoto contro l’apatia. Rivendicato a parole e testimoniato nei fatti da questo sacerdote scomodo. La cui vita e i cui valori furono ricordati anche da Benigno Zaccagnini, quando venne a Bozzolo nel ’76, da poco segretario Dc, e proprio per chiamare i giovani all’impegno in prima persona. Fra quei giovani c’era anche Franceschini.