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giovedì 31 luglio 2008

SCAJOLA: TRA I SACRIFICI ANCHE QUALCHE OPERAIO MORTO

Giornata di taglio dei nastri, giornata storica per Civitavecchia questo 30 luglio, per l’inaugurazione della controversa nuova centrale a carbone costata più di sei anni di cantiere, una serie infinita di stop e proteste degli ambientalisti e nella frenesia finale due morti sul lavoro. A inaugurarla doveva esserci Silvio Berlusconi, insieme al presidente dell’Enel Fulvio Conti che nel suo discorso correttamente ricorda i nomi dei due operai morti. Poi passa la parola al ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola, a cui in assenza di Berlusconi, tocca di parlare a nome del governo davanti alla cittadinanza e ai lavoratori che hanno costruito la centrale. Nel tratteggiare anche lui la storia dice che per ottenere questo «modernissmo» impianto «dove tutto è controllato e tutto è sicuro» ci sono voluti anni di lavoro e anche «qualche vita umana», en passant. Un prezzo necessario, un sacrificio tutto sommato messo nel conto.«Qual è il numero di vite umane sacrificabili per il ministro Scajola per la costruzione di una centrale elettrica, di una strada o di un ponte?», si chiede Antonio Boccuzzi, unico sopravvissuto del rogo della Thyssen oggi deputato del Pd.Per Boccuzzi «stiamo assistendo sul fronte della sicurezza sul lavoro ad una progressiva riduzione delle norme conquistate con sacrifici e sofferenze dai parte dei lavoratori. Il governo - conclude -purtroppo è protagonista negativo di questa tragica vicenda». Gli operai morti – ma forse al ministro non interessano i nomi – si chiamano Michele Cozzolino, 31 anni, dipendente di una ditta esterna di elettromeccanica, la Ceit, morto nell’ottobre dell’anno scorso per un tubo di un ponteggio che gli è precipitato in testa. E Ivan Ciffary, 24 anni, di origine slovena, morto lo scorso 24 giugno sempre all'interno del cantiere Enel di Torre Valdaliga cadendo da un'impalcatura. Altri sempre nel cantiere non sono morti ma sono rimasti gravemente feriti. E quelli non li ha citati neanche Conti. Si tratta di una «gaffe imperdonabile per chiunque, figuriamoci per un ministro della Repubblica». Protesta, amareggiato, Walter Schiavella, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio. «Il riferimento del ministro a “qualche vita umana” come inevitabile prezzo da pagare sia solo un involontario scivolone oratorio- continua Schiavella- certo, non depone a favore di questa tesi l'operato del nuovo governo in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, come abbiamo visto con l'intervento peggiorativo al nuovo testo unico sulla sicurezza». Intanto, fa notare il segretario della Cgil, il governo deve chiedere scusa alle famiglie degli operai caduti nel cantiere della central. Ma questo «sarebbe il minimo». Del resto quale sia la sensibilità del governo sulla tragedia continua delle morti bianche era stato appurato anche dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi che poche settimane fa, attaccando il Testo Unico sulla Sicurezza messo a punto dall’ex ministro Cesare Damiano, aveva ridotto il problema della sicurezza sul lavoro ad una cattiva abitudine delle vittime. Quella di non portare il caschetto giallo di protezione. Ma nel replicare Scajola non si scusa, anzi se la prende con il dirigente del Pdci Licandro e in una nota lo accusa di «strumentalizzazioni politiche». «Il Ministro si è limitato a ricordare i due operai che hanno perso la vita durante i 4 anni di cantiere, come aveva già fatto l'Amministratore delegato dell'Enel Fulvio Conti. È seguito un grande applauso della platea in un clima di intensa commozione», è la ricostruzione accreditata dal ministero. Scajola – già ministro dell’Interno all’epoca del G8 di Genova – come ricorda Orazio Licandro, responsabile organizzazione del Pdci, non è nuovo gaffes terrificanti sui temi del lavoro e sui morti. Il riferimento è a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso da un commando delle Brigate Rosse nel 2002 che in una telefonata intercettata fu definito da Scajola «un rompicoglioni» per aver ripetutamente chiesto il ripristino della scorta a difesa della sua persona. Licandro sostiene che «per assai meno nelle democrazie occidentali serie si va a casa e non si torna più sulla scena politica, ma l'Italia rappresenta la solita anomalia». In effetti Scajola quando venne fuori il contenuto di quella telefonata si allontanò dalla ribalta. Ma solo per tornare in auge con questo nuovo governo Berlusconi.